Cari amici,

sono convinto sia giusto, quando è possibile, essere brevi.

In questa sede però, e ve lo dico subito, non lo saremo: la ragione è che inizia da qui il mandato triennale.

E’ quindi l’occasione per rivedere il nostro modo di essere, di lavorare assieme.

Assieme, come significa il titolo dell’Assemblea: la cooperazione dei servizi, cioè le imprese e la struttura associativa, con i diversi ruoli, ma tesi tutti verso lo stesso obiettivo: crescere imprenditorialmente e socialmente.

E allora quale missione, quali valori e principi comuni, quale rapporto associativo e organizzazione per raggiungere lo scopo?

Questi sono i titoli dei tre documenti che costituiscono una sorta di bilancio sociale della cooperazione regionale dei servizi: propongo siano i documenti politici dell’Assemblea, quindi gli orientamenti e le basi di lavoro del comitato regionale e delle imprese cooperative.

Per questo si propone una sola commissione per l’elezione dei delegati al Congresso nazionale, della presidenza del comitato regionale, nonché delle nuove commissioni di comparto.

Lavorare assieme, dicevo, e collettivo è il metodo e il risultato, che per i comparti sarà illustrato dai relativi responsabili.

L’importanza e le possibilità di prospettiva della cooperazione dei servizi è testimoniata dai dati allegati, dai quali risulta chiara la progressiva crescita del settore, per i risaputi motivi economici, politici, sociali.

Solo tre per tutti: la crescita fra il ’96 e il ’98 di circa il 21% del fatturato (9% fra ’97 e ’98), 35 cooperative in più, soprattutto sociali, un aumento di almeno 5.000 occupati, che testimoniano la valenza e il peso economico/sociale del nostro settore nel sistema Lega e nella società regionale.

Ogni bilancio sociale parte dalla individuazione e dalla condivisione della missione.

Non potendo comprendere tutte le differenze fra i vari comparti, potremmo definire il seguente minimo comune denominatore della cooperazione dei servizi.

Nostri fini sono:

  1. Offrire servizi sempre più qualificati
  2.  

  3. Creando lavoro sempre più qualificato
  4.  

  5. Valorizzando l’operatore di contatto con i clienti
  6.  

  7. Soddisfacendo i clienti collettivi e individuali, pubblici e privati
  8.  

  9. Generando redditività, investimenti, sviluppo direttamente e indirettamente (mutualità esterna)
  10.  

  11. Esprimendo la funzione sociale cooperativa

Per la migliore realizzazione dei punti precedenti occorre potenziare una serie di elementi, ponendoli come obiettivi della nostra attività, ad esempio:

per il punto 1), cioè "OFFRIRE SERVIZI SEMPRE PIU’ QUALIFICATI", occorre:

L’Associazione dovrà stimolare tale assunzione di responsabilità, implementando sedi e occasioni di analisi e conoscenza;

Gli esempi sono i pacchetti di servizi globali integrati, come per la logistica, i processi di privatizzazione, l’opportunità di un intervento più corposo e convinto nel grande spazio di mercato aggiuntivo e spesso ancora libero del Sud; quindi l’intersezione con il C.N.S., le associazioni temporanee, le collaborazioni societarie, le integrazioni dei servizi generali, i consorzi, le fusioni/concentrazioni, che quando necessario bisogna mettere in atto per affrontare le nuove sfide con il massimo dell’efficienza di gruppo: per farlo bisogna però partire da una base minima di regole comuni di convivenza, che vanno definite e condivise: una sorta di protocollo d’intesa generale, che è l’oggetto del documento n. 2;

Un centro servizi specifico e/o iniziative mirate dell’Ervet? Cos’altro? Pensiamoci assieme, propongo alla Regione.

Per il punto 2), cioè "CREANDO LAVORO SEMPRE PIU’ QUALIFICATO", occorre:

Per il punto 3), cioè "VALORIZZANDO L’OPERATORE DI CONTATTO CON I CLIENTI", occorre:

L’obiettivo è ancora più arduo nei servizi per così dire "poveri", con manodopera non qualificata, con classi lavoratrici "deboli", spesso con orari molto ridotti e condizioni di mercato che impongono stipendi bassi. Categorie per le quali, spesso per la durata breve degli appalti, o proprio per la natura in appalto del servizio, si è scelto di non perseguire, o non è possibile farlo, il rapporto associativo;

Non c’è niente di peggio che predicare bene e razzolare male: i concetti di mutualità, partecipazione, ecc. per essere davvero fatti propri dai soci devono corrispondere a quotidiana trasparenza, onestà, correttezza, cooperatività, ecc., nelle relazioni e nei meccanismi organizzativi;

In riferimento al documento congressuale della Lega e al materiale prodotto dal gruppo di lavoro sul governo societario, si concorda pienamente con il principio basilare dell’autonomia statutaria delle imprese, pur in un quadro di vincoli normativi a valenza generale definiti per legge: in un settore così differenziato per tipologia e dimensione sarebbe infatti impossibile trovare elementi totalmente unificanti.

Tuttavia, alcune indicazioni comuni possono essere:

  1. come da documento "Socio – democrazia……." della Lega Emilia Romagna, criteri più strutturati e oggettivi per regolamentare l’ammissione societaria: condizioni, tempi e modi predefiniti statutariamente.
  2. Sarebbe meglio evitare invece, perché troppo vincolante, rigido, ad alto e inutile rischio conflittuale, l’obbligo della motivazione del rigetto della domanda di adesione, se richiesta dall’interessato: se c’è rispondenza con i parametri predefiniti si deve ammettere a socio il richiedente, altrimenti no;

  3. estendere la definizione e l’adozione di regolamenti per l’elezione dei Consigli di amministrazione; qualificare e distinguere sempre più il ruolo politico-strategico dell’organismo di governo e rappresentanza sociale dal ruolo di governo tecnico-gestionale della direzione esecutiva; formare obbligatoriamente i consiglieri; potenziare gli strumenti di controllo effettivo dipendenti dal Consiglio, istituendo adeguati presidi per la corretta circolazione delle informazioni fra amministratori e gestori; accentuare la sovranità reale del Consiglio, introducendo consiglieri esterni, indipendenti, non facenti parte dei soci mutualistici, pur assicurando il controllo a questi ultimi;
  4. sostenere la rinnovata valenza quantitativa e qualitativa del ristorno, così come previsto dalla proposta di legge sul socio-lavoratore: opportunità di accrescere davvero per il socio il vantaggio economico e/o la possibilità di partecipazione e di remunerazione patrimoniale; nel contempo, opportunità di accrescere notevolmente il capitale sociale per l’impresa.

Per il punto 4), cioè "SODDISFACENDO I CLIENTI COLLETTIVI E INDIVIDUALI, PUBBLICI E PRIVATI",

basti pensare al valore aggiunto, al vantaggio competitivo, all’effetto virtuoso e moltiplicatore di ottimali risposte alle esigenze di servizio, derivanti dalla realizzazione degli obiettivi precedenti, per essere sempre di più attrattivi per il mercato pubblico e privato

Per il punto 5), cioè "GENERANDO REDDITIVITA’, INVESTIMENTI, SVILUPPO DIRETTAMENTE E INDIRETTAMENTE (MUTUALITA’ ESTERNA)", occorre:

Per accrescere la nostra meritevolezza sociale, con i vantaggi fiscali conseguenti, la cui continuità è così spesso messa in discussione, in particolare per le grandi imprese, si potrebbe andare oltre il meccanismo di legge del 3% sugli utili: definendo un’ulteriore quota, da gestire però a livello territoriale, destinata alla creazione di fondi o fondazioni per progetti socialmente, civicamente utili: mirati ai processi di privatizzazione per esempio, come da legge 422, che richiederanno una considerevole messa in campo di risorse finanziarie; alla fondamentale questione della riforma dello stato sociale, quindi a sostegno dello sviluppo e della qualificazione della cooperazione sociale stessa.

E’ una proposta che darebbe ulteriore forza e stabilità a questo comparto, che necessariamente sarà sempre di più in espansione, perché prima ancora di noi lo vuole la società e il mercato: in una logica di messa in rete delle imprese locali dei servizi, di solidarietà produttiva, di fare socialità facendo impresa. Un concreto progetto di supporto che propone la nostra Associazione, di cui la cooperazione sociale si sente parte organica, strutturale, in quanto assieme di imprese cooperative dei servizi; per dare sempre più capacità imprenditoriali a questo segmento su cui dobbiamo investire, avendo prospettive certe di sviluppo e in più coniugando al meglio in sé, perché realizza i servizi più servizi che ci siano, quelli alla persona, la nostra natura di imprenditorialità sociale.

Per il punto 6), cioè "ESPRIMENDO LA FUNZIONE SOCIALE COOPERATIVA",

che altro aggiungere a tutte le considerazioni ed ai propositi già detti?

Ribadisco solo di perseguire quella immagine e quelle azioni che assieme o disgiuntamente dobbiamo sempre più manifestare e realizzare per esprimere appieno l’essenza profonda della nostra imprenditorialità cooperativa, che è etica, civica, socialmente utile.

Questo documento è la rielaborazione, in termini più generali, di quanto scaturito da un seminario fra le cooperative dei trasporti e della movimentazione merci, svoltosi alla Cà Vecchia il 27/11/98. E’ quindi già il risultato di una sede di confronto congiunta, di un modo di lavorare sempre più d’assieme, che deve informare tutto il nostro settore.

Il nuovo scenario competitivo

I mercati sono caratterizzati da globalizzazione e flessibilizzazione, che impongono profondi cambiamenti culturali: la salvaguardia e lo sviluppo della cooperativa e dei soci si realizzano attraverso l’aumento di capacità strategiche e imprenditoriali. non più solo attraverso rivendicazioni e tutele.

I clienti sono ormai orientati verso la terziarizzazione,e/o l’esternalizzazione di parti sempre più rilevanti, se non in toto, della produzione o dei servizi.

E’ quindi indispensabile una azione su vasta scala sostenuta da efficaci politiche di gruppo, anche intersettoriali, che ottimizzi le funzioni, le risorse e le capacità complessive, dando risposte più qualificate e flessibili alle richieste del mercato, alle aspettative sempre più complesse dei clienti.

I valori e i principi comuni

Per superare le difficoltà che caratterizzano a volte i rapporti fra cooperative, è opportuno prendere spunto dal Codice Quadro approvato dalla Legacoop nel 1995, che dovrebbe ispirare i comportamenti di tutte le associate.

L’assunzione di valori e principi comuni aumenta la coesione di gruppo, massimizza l’efficienza di tutta l’organizzazione, diffonde una buona immagine etica e professionale della cooperazione dei servizi.

Si possono pertanto individuare due tipi di valori e principi comuni: sociali e imprenditoriali.

I valori sociali si concretizzano nella coerenza interna a ciascuna cooperativa con i contenuti degli Statuti e delle missioni. Possono così essere riassunti:

  1. Difendere e consolidare l’occupazione dei soci; migliorarne la condizioni economiche, professionali e civili, almeno nel medio periodo.
  2. Tendere alla soddisfazione del cliente, consolidando la capacità di produrre redditività attraverso l’investimento e l’innovazione.
  3. Fare crescere la partecipazione e la democrazia cooperativa, valori connaturati e ulteriori leve di vantaggio competitivo.
  4. Essere trasparenti, onesti, corretti, cooperativi.
  5. Valorizzare la propria storia, consapevoli dell’importanza e della necessità del cambiamento, favorendo il senso di appartenenza alla cooperazione.

Se ciascuna cooperativa ha assunto nel profondo i precedenti valori sociali, allora diventa più naturale aderire ad alcuni principi imprenditoriali come:

  1. Ogni cooperativa può partecipare alle politiche di gruppo con pari dignità, comunque nel pieno rispetto degli altri partecipanti.
  2. I progetti comuni, le associazioni temporanee, le società miste, le integrazioni dei servizi generali, le concentrazioni e le fusioni si sviluppano quando si verificano coincidenze di strategie e di interessi, quando la situazione di mercato lo rende necessario.
  3. Il posizionamento, le strategie e i piani poliennali devono essere esplicitati.
  4. Sui progetti comuni i partecipanti devono mettere a disposizione di tutti le informazioni in proprio possesso e soprattutto quelle relative a:

d1) le caratteristiche del servizio da offrire

d2) la capacità del partecipante di fornire parti di un servizio

d3) le risorse e gli investimenti necessari per fornire il servizio

d4) i rischi che comporta l’iniziativa imprenditoriale

d5) i parametri di costi minimi su cui basare l’offerta

d6) offerte competitive

Ogni partecipante garantisce la massima diligenza nella parte di sua competenza.

E. L’impegno a realizzare i processi di cui sopra deve essere ispirato ai principi di eticità e onestà fra cooperative che collaborano, anche attraverso impegni scritti, protocolli d’intesa ecc.

Il metodo di lavoro comune

Attuare tavoli "provinciali" e/o "regionali" attraverso il coordinamento delle relative strutture associative, come contenitori di progettazione di "servizi integrati e globali" per accrescere la competitività delle imprese e del territorio: ricostruendo e verificando il contesto del posizionamento (valutazione dei punti di forza e di debolezza) della presenza cooperativa nei vari segmenti tipologici e geografici; analizzando i bisogni e individuando le relative risposte.

Partendo anche dalle esperienze imprenditoriali già in atto, da prendere ad esempio come esperienza pratica, ma anche da utilizzare come contenitori progettuali, individuare le soluzioni organizzative più idonee alla realizzazione dei singoli progetti.

Il rapporto associativo

Il rapporto con le imprese cooperative si deve fondare su di una Associazione efficace ed efficiente, in grado di offrire funzioni di rappresentanza specifica, sedi di confronto ed intesa su problemi e progetti comuni, servizi tecnici di gruppo; ma anche sulla condivisione, da parte delle associate, di una funzione di orientamento, di supporto e di vigilanza complessiva dell’Associazione sugli andamenti, le criticita’, il rispetto dei valori e principi di base sociali e imprenditoriali.

La condivisione di questo dare/avere a doppio senso è il patto fondante del rapporto di scambio reciproco fra Associazione ed associate.

Al di là degli steccati di competenza geografica, bisogna inoltre ridisegnare la mappa dei "punti di eccellenza" specifici e farne una risorsa per tutti i livelli dell’organizzazione: provinciale, regionale, nazionale.

Bisogna mettere in rete al meglio le risorse disponibili e farne dei punti di riferimento generale esplicitati, conosciuti e legittimati.

Se per esempio c’è un esperto fiscale del trasporto persone perché non farne, ovunque operi, il coordinatore in materia a livello nazionale?

Per converso, bisogna delineare meglio le competenze fra i vari livelli, per evitare duplicazioni, sovrapposizioni, scavalcamenti, confusione di ruoli, riunioni convocate impropriamente e inopportunamente, richieste/materiali vari inviati due o tre volte alle associate, senza il coordinamento del livello giusto.

Questo non per futili gelosie, ma per semplice funzionalità e chiarezza operativa, per una migliore efficienza di servizio dell’Associazione.

Oltre al rafforzamento del ruolo di rappresentanza relazionale, politica e legislativa nazionale, nonché di implementazione e coordinamento di iniziative e progetti interregionali, indichiamo all’Associazione nazionale la necessità sempre più cogente di rappresentanza a livello della Comunità europea.

La chiarezza funzionale presuppone infine un regolamento organizzativo, che proponiamo essere il seguente.

Il regolamento associativo

  1. Il COMITATO REGIONALE Emilia Romagna dell’A.N.C.S.T., pur essendo organismo della stessa decentrato sul territorio, è espressione diretta della volontà delle imprese cooperative associate del territorio regionale.
  2. Gli ORGANISMI del comitato regionale sono:

  1. I compiti dell’ASSEMBLEA sono individuati nella definizione delle azioni di sviluppo e nella verifica dei risultati del settore regionale complessivamente inteso. E’ composta dai rappresentati designati dalle associate. Pertanto spetta all’assemblea:

  1. l’elezione del presidente e del vice presidente, quest’ultimo scelto fra i funzionari responsabili dei comparti;
  2. l’individuazione delle commissioni di comparto e la nomina dei loro membri;
  3. la nomina dei delegati al Congresso nazionale della ANCST.

Spetta al presidente del comitato regionale convocare l’Assemblea delle imprese associate almeno una volta l’anno per consuntivare e programmare l’attività; ogni tre anni per l’elezione degli organismi e dei delegati all’Assemblea nazionale.

  1. I compiti delle COMMISSIONI DI COMPARTO riguardano la definizione delle politiche per gruppi di imprese omogenee, sia sul mercato che all’interno del sistema cooperativo, su specifiche questioni tematiche e/o iniziative progettuali.

In linea di massima si individuano le seguenti commissioni di comparto:

  1. Le COMMISSIONI DI COMPARTO sono composte dai rappresentanti delle associate operanti nei relativi comparti.
  2. Il numero dei rappresentanti varia a seconda del numero delle imprese interessate, dei soci rappresentati, dell’entità del fatturato e/o di altri parametri stabiliti in sede di Assemblea.

    Se ritenuto necessario, la commissione di comparto può convocare una commissione allargata a tutte le cooperative associate.

    Sono componenti effettivi anche i responsabili di comparto territoriali.

    Il presidente sarà preventivamente informato sulle commissioni, sarà invitato ai lavori delle stesse e costantemente ragguagliato sul loro svolgimento.

    Se si determina la necessità di riunire congiuntamente due o più commissioni, per lavorare su questioni di comune interesse, le riunioni saranno convocate congiuntamente dai relativi responsabili regionali di comparto, in accordo con il presidente.

    Le commissioni di comparto potranno costituire dei sottocoordinamenti specifici, qualora lo ritengano necessario, ad esempio per le cooperative sociali di tipo B).

    Si istituisce inoltre il coordinamento fiscale-tributario, gestito dal relativo funzionario regionale con gli specialisti provinciali su specifiche tematiche di settore.

    Per quanto riguarda le cooperative operanti in attività di "servizio vario", non classificabili in maniera omogenea, esse non daranno vita a commissioni di comparto, tuttavia si potranno attivare coordinamenti al bisogno.

  3. Il FUNZIONARIO RESPONSABILE DI COMPARTO è nominato del presidente, sentito il parere dei responsabili territoriali di comparto.
  4. Può coordinare anche più comparti.

    Ha il compito di coordinare tutte le problematiche connesse al comparto di sua competenza, compresa la promozione cooperativa.

    E’ responsabile della commissione di comparto.

    Tiene informato il presidente sull’attività del comparto, riportandogli le principali problematiche e le linee attuative delle politiche relative.

    Cura i rapporti con le altre organizzazioni regionali e con il responsabile nazionale dell’ANCST per le politiche inerenti il comparto.

    Partecipa alle commissioni nazionali del comparto.

  5. I compiti del CONSIGLIO DIRETTIVO sono l’implementazione e la verifica dell’attività del comitato regionale, in coerenza con gli orientamenti delineati dall’Assemblea.
  6. E’ composto dalla presidenza, dai responsabili regionali e territoriali di comparto, da due dirigenti delle associate indicati da ciascuna commissione di comparto.

    E’ convocato dal presidente almeno una volta ogni tre mesi.

  7. La SEGRETERIA OPERATIVA è l’organismo di coordinamento operativo del comitato regionale.
  8. E’ composta dalla presidenza e dai responsabili regionali di comparto.

    E’ convocata dal presidente almeno una volta al mese.

  9. La PRESIDENZA è l’organismo rappresentativo ed esecutivo del comitato regionale.

E’ composta dal presidente e dal vicepresidente.

Il suo compito è di assicurare il buon funzionamento del comitato regionale, sia come organismi partecipativi, sia come struttura organizzativa per comparti.

In tal senso la presidenza assolve compiti di ordine istituzionale e funzionale, costituendo il tramite tra l’espressione della volontà delle associate e l’esecuzione della stessa, anche attraverso l’attivazione degli organismi suddetti.

In particolare, nel contesto settoriale della cooperazione dei servizi (ove convivono imprese operanti in attività merceologiche diverse, ma non per questo non comunicanti) emergono aree complementari e potenzialità sinergiche, per lo sviluppo delle quali occorre garantire:

  1. Il PRESIDENTE è componente delle Presidenze dell’ANCST e della Lega regionale emiliano romagnola.
  2. Rappresenta il comitato regionale e ne esercita la responsabilità esecutiva: perciò controlla e coordina il regolare funzionamento istituzionale ed operativo del comitato in ogni sua articolazione organizzativa, sia partecipativa che funzionale.

    Convoca e presiede l’Assemblea, il consiglio direttivo e la segreteria operativa.

    Implementa e verifica l’attuazione degli indirizzi politici e programmatici definiti dagli organismi competenti, in primo luogo attraverso la segreteria operativa.

    Cura i rapporti con le strutture associative della cooperazione e partecipa alle commissioni regionali e nazionali associative.

    Cura i rapporti con gli Organismi politici, economici e sindacali esterni, a livello regionale.

    Cura i rapporti con le Istituzioni pubbliche regionali, nonché con le altre Associazioni regionali, per tutti i problemi connessi al settore ed al rapporto intercooperativo.

    I suddetti compiti sono svolti avvalendosi della collaborazione del vice presidente.

  3. Il VICE PRESIDENTE sostituisce il presidente in caso di sua assenza o impedimento.

Collabora con il presidente nelle funzioni a questi attribuite.

E’ componente della direzione nazionale dell’ANCST e della Lega regionale emiliano romagnola.

Partecipa alle commissioni regionali e nazionali associative, in accordo con il presidente.

Il vice presidente è comunque responsabile operativo di almeno un comparto.

L’ARENA REGIONALE

La nostra cooperazione dei servizi vuole essere attore di primo piano nell’arena regionale.

I competitori sono di tutti i tipi e di tutte le dimensioni: dalle piccole aziende alle cooperative cugine, ai grandi gruppi nazionali e internazionali, che sono e saranno sempre più presenti.

L’arena è giustamente libera e aperta a tutti, ma noi chiediamo che la competizione sia sana e leale: non sempre basta essere iscritti a un albo, o dirsi cooperativa, magari "spuria", per essere davvero un competitore corretto.

L’Amministrazione pubblica deve controllare, escludere, colpire di più, con strumenti più efficaci, chi opera slealmente.

Per poter competere meglio cercheremo di rafforzare le alleanze più utili e coerenti con le altre Centrali cooperative, con le altre Associazioni imprenditoriali, ad esempio la C.N.A.

Cercheremo un rapporto proficuo con le Organizzazioni sindacali, convinti della necessità di concertare questioni etiche di mercato, di sviluppo professionale e civile, di regolamentazione e omogeneizzazione contrattuale.

Di concerto perché abbiamo gli stessi valori di fondo e la necessità di rivisitarli e rinnovarli è indispensabile per entrambi: di concerto perché è naturale e più efficace.

Di concerto per questo, non per essere "il toccino dell’acquasanta" o un alibi di sopravvivenza per qualcuno: di concerto per far crescere tutti i lavoratori, non solo i nostri, con effetti ormai incompatibili con le condizioni di mercato.

Di concerto per questo e non contrapposti perché (adesso faccio un po’ di sana autocritica) dichiariamo guerre sante, scimiottiamo politiche e parti improprie, obsolete, improduttive.

Di concerto per questo con ragionevolezza, realismo, reciproca coerenza con i cambiamenti avvenuti e che avverranno.

 

Alla Regione chiediamo efficacia di governo, innovazione, semplificazione legislativa e amministrativa, rispetto delle condizioni contrattuali, finanziarie; chiediamo capacità propositiva per lo sviluppo della qualità economica, civile, sociale del sempre più importante tessuto dei servizi: anche con l’ascolto e possibilmente il recepimento e la realizzazione delle proposte già fatte e che faranno i responsabili dei comparti.

La nostra Regione ha iniziato a concretizzare nell’apposito disegno di legge, rispettando i tempi previsti, il dettato della legge Bassanini. Gliene va dato merito, ma bisogna compiere l’opera.

Questo processo richiederà sempre di più forti presidi di rappresentanza specialistica settoriale decentrata sul territorio: da qui, ancor più di ieri, l’importanza per le associate di una efficace presenza regionale dell’Associazione servizi.

Valendo questo per tutti i settori, a Legacoop regionale è affidato il compito complesso, che richiede ulteriori capacità e impegno, di coordinare gli interessi settoriali, esprimendo la funzione di rappresentanza politica generale.

Al nostro comitato spetta di rappresentare al meglio i bisogni della cooperazione dei servizi.

Non sarà facile, ma di certo sarà meno difficile se meriteremo di avere con noi la partecipazione convinta delle imprese cooperative associate.

Grazie e buon lavoro a tutti noi.

TRASPORTO MERCI – ALBERTO ARMUZZI

 

Il comparto dell’autotrasporto merci per conto di terzi sta vivendo una profonda trasformazione.

L’economia ed il mercato chiedono sempre più servizi qualificati alle merci (in global service) attraverso una ottimizzazione del trasporto (sia nella tratta primaria, sia sulla distribuzione finale), dell’attività di magazzino e spedizioni (stoccaggio, piking, preparazione delle merci, bollettazione, commissione ordini ecc.), attraverso terziarizzazioni e/o esternalizzazioni in toto e/o in parte, con una logica prevalente afferita al contenimento dei costi e al care business dell’impresa (la produzione e/o la commercializzazione).

Vanno aggiunte iniziative ed azioni congiunte dell’impresa e dell’Associazione mirate ad una migliore organizzazione per meglio posizionarsi sul mercato e verso la pubblica amministrazione a sostegno dell’impresa di trasporto e del mercato.

A livello nazionale l’Associazione ha lavorato per costruire un reticolo normativo (anche nella logica della semplificazione) a sostegno dello sviluppo imprenditoriale dell’autotrasporto: "La riforma della L. 298 " nei suoi tre capitoli fondamentali:

  1. Accesso alla professione:
  2. esami mirati e più selettivi;

    dimostrazione della capacità finanziaria idonea ed adeguata per gli investimenti produttivi

  3. Riforma del sistema autorizzativo:
  4. autorizzazione dall’automezzo all’impresa, con possibilità di raddoppio della capacità di carico entro il 31/12/99(in previsione della liberalizzazione) con evidenti benefici per imprese di trasporto, per imprese socie di cooperative e delle stesse cooperative, le quali per rispondere ad esigenze di mercato non avranno più la preoccupazione di acquistare autorizzazioni e/o rami d’azienda.

  5. Sistema tariffario:
  6. passare da un sistema tariffario obbligatorio a forcella (peraltro in via di superamento in sede U.E.) ad accordi di settore anche con validità ergaomnes, con un ruolo di controllo della corretta applicazione da parte del Ministero dei trasporti e dell’Albo nazionale.

  7. La legge 454 "Sostegno all’autotrasporto":

Anche se in grave ritardo è in dirittura d’arrivo.

[E’ stata sbloccata dalla Commissione trasporti dell’U.E. (superando l’atto di infrazione avviato lo scorso anno; il governo è in attesa della comunicazione ufficiale)].

I decreti attuativi sono sostanzialmente pronti, le cooperative debbono prepararsi a recepirli, quali elementi concreti di sostegno allo sviluppo; in sintesi:

    1. incentivi all’introduzione di nuove tecnologie in impresa per razionalizzare l’utilizzo del parco veicolare e la gestione di piattaforme;
    2. incentivi all’aggregazione (fra cooperative, in cooperativa e per la costituzione di nuove cooperative);
    3. investimenti per lo sviluppo del trasporto combinato, in tecnologie ed in mezzi di produzione (autoveicoli, casse mobili, ecc.);
    4. investimenti per lo sviluppo della logistica anche in infrastrutture non finalizzate esclusivamente al trasporto combinato (per un migliore utilizzo del parco veicolare).

  1. Abbattimento dei costi di impresa (in modo strutturale e non più occasionale).

In questo ambito si è consolidato l’abbattimento (strutturale) del premio INAIL (sia per i dipendenti sia per le imprese socie);

abbattimento del costo per l’utilizzo dell’autostrada;

abbattimento del costo del carburante sempre più in linea con i parametri europei (questo è forse il capitolo più spinoso, ma c’è formale impegno del Ministero dei trasporti di ricercare un’adeguata risposta evitando contestazioni da parte dell’U.E.).

Infine le spese non documentabili.

E’ comunque attivo dal 1998 un tavolo tecnico presso il Ministero (composto dalle associazioni e da ministeriali) per individuare ulteriori misure strutturali di contenimento dei costi, al fine di equipararli ai costi delle imprese con sede negli stati membri dell’U.E.

In ambito europeo sono state definite le politiche prioritarie (che si richiamano al libro bianco di Delors) per l’autotrasporto, in sintesi:

  1. sviluppo del trasporto combinato e intermodale;
  2. sviluppo della portualità (elemento portante per una razionalizzazione della mobilità delle merci, ma anche leva competitiva del sistema paese e di sviluppo per l’autotrasporto);
  3. il Corridoio Adriatico. Inserito come progetto delle reti trans europee, ulteriore collegamento "veloce" fra il sud dell’Europa ed i paesi dell’est;
  4. individuazione dei percorsi sensibili (per l’Italia la cintura alpina), e applicazione di una politica finalizzata all’abbattimento delle emissioni inquinanti. Questo ha prodotto e continua a produrre discussioni, difficoltà e costi aggiuntivi alle imprese italiane per i collegamenti con il nord Europa.

Questa discussione (principalmente per l’attraversamento dell’Austria e della Svizzera) dopo l’accordo dei Ministri dei trasporti del dicembre ’98, (anche su sollecitazione delle Associazioni) verrà a cadere entro il 2004, quando cesserà il sistema degli ecopunti per transitare dal Brennero, con il graduale aumento di autorizzazioni (per automezzi superiori a 28 ton. di portata) fino alla completa liberalizzazione nel 2005 per il transito in Svizzera.

A livello regionale, inoltre, si è creato un terreno fertile per lo sviluppo del mercato e delle imprese, dando atto all’Assessorato di un atteggiamento collaborativo con le Organizzazioni di rappresentanza e con l’Associazione servizi. Questo ha contribuito al raggiungimento di importanti risultati, che si potranno sostanziare a breve o medio periodo, in sintesi:

  1. dalla proposta (ormai legge regionale) del PRIT ’98, dove oltre ad investimenti infrastrutturali, si evidenziano proposte per l’ottimizzazione della mobilità delle merci attraverso una stretta relazione fra interporti, scali merci e porto di Ravenna;

    1. interventi a supporto dello sviluppo del porto di Ravenna (inteso come porto regionale), incentivando l’attività di fideraggio nel medio e alto Adriatico a supporto delle grandi navi giramondo, inserendolo nel circuito nazionale ed internazionale del trasporto marittimo.
    2. Per questo servono azioni imprenditoriali forti sul fronte dei servizi (in una logica di global service) che vedano l’autotrasporto e la movimentazione merci, con il concorso della ex compagnia portuale, elaborare e fornire servizi innovativi al porto ed all’intero bacino interessato;

    3. l’impegno della Regione di costituire e coordinare un tavolo fra produzione e trasporto, al fine di approfondire i temi dei servizi alle merci ed attivare sinergie per sviluppare e concretizzare "La Piattaforma logistica regionale"; anche in una logica che veda progressivamente esaurirsi la vendita franco partenza e l’acquisto franco destino, al fine di utilizzare al meglio il parco veicolare regionale in una logica anche di carico completo;
    4. infine (ma non perché di minore importanza), la proposta di costituire una scuola regionale del trasporto (ritengo più corretto della logistica) finalizzata a formare e qualificare tutte quelle figure professionali (dall’autista, all’operatore di magazzino fino al management) che operano o che entreranno in aziende di servizi alla mobilità delle merci.

  1. Il progetto del corridoio adriatico, di cui abbiamo già fatto un accenno, va colto come ulteriore opportunità per le cooperative di trasporto sul fronte degli investimenti infrastrutturali e di nuove tecnologie, tenuto conto che è un progetto cofinanziato dalle regioni interessate e dall’U.E.

In questo quadro si inserisce a pieno titolo il ruolo della cooperazione dei trasporti (peraltro auspicata dal mercato e dalla pubblica amministrazione), per brevità in cinque punti fondamentali:

  1. ruolo della cooperativa di trasporto, come momento di razionalizzazione, organizzazione del mercato e fornitore di servizi allo stesso ed ai soci (siano essi lavoratori o imprenditori).
  2. Momento progettuale e di gestione di servizi qualificati alla mobilità delle merci, attraverso una capacità insita nelle cooperative sul versante delle relazioni esterne e una rete di sensori (i soci in prima battuta e la tecnostruttura) in grado di recepire i bisogni del mercato e dare le adeguate risposte.
  3. Momento calmieratore del mercato, attraverso iniziative imprenditoriali (rivolte alla produzione ed alla distribuzione delle merci) e sociali, proprio per la qualità dei servizi ai soci e per la capacità di essere soggetto aggregante di per sé, ma anche attraverso la legge 454.
  4. La cooperazione di trasporto come risorsa per l’economia e per la società, data dalla vitalità insita all’impresa, dalla democrazia interna (anche se come tutte le democrazie ha un costo), dalla consistenza economico-patrimoniale, di fatturato, dai soci e dagli occupati.
  5. Ma è proprio sul versante dei soci che si riscontrano oggi maggiori difficoltà sul fronte del calo della base sociale (dato sia dall’invecchiamento e da un comparto economico forse non più attraente per i giovani). Una possibile soluzione strutturale al problema può essere la proposta di legge sul socio lavoratore, dove peraltro l’Associazione regionale ha proposto un emendamento (che trovate in cartella) aggiuntivo all’art. 4 (Disposizioni in materia previdenziale), al fine di addivenire ad una soluzione che dia tranquillità organizzativa alle cooperative e nel contempo possa dirimere il contenzioso (in via definitiva) con gli Istituti previdenziali.

    A tal fine si chiede formale impegno all’associazione nazionale di attivarsi per coinvolgere tutti i soggetti istituzionali per trovare una giusta ed equa risposta nei tempi più veloci possibili.

    Ulteriore risposta può essere data dalla costituzione della scuola regionale della logistica, se collaboreremo tutti, come per altro credo, sia per la costituzione sia per il suo funzionamento.

  6. Sviluppare e razionalizzare l’autotrasporto e le imprese attraverso l’incentivazione alle unificazioni, là dove esiste un oggettivo bisogno, per raggiungere massa critica e maggiore capacità gestionale ed imprenditoriale. Incentivare accordi di bacino per ottimizzare e razionalizzare i servizi alle merci (ed ai soci); infine sviluppare società di scopo su progetti specifici, che possono vedere anche il concorso attivo della committenza.

Avviandomi alle conclusioni voglio soffermarmi brevemente sul problema delle alleanze.

Alleanze interne

Vanno incentivati i tavoli di confronto provinciali fra le imprese di autotrasporto e di movimentazione, come dal già citato seminario della "Cà Vecchia".

Vanno sviluppate politiche di alleanza intersettoriali finalizzate sempre più ad una politica di "global service" alle merci, anche rispetto alla legislazione regionale (PTR 98 – PRIT 98).

Alleanze esterne

Va consolidata e ulteriormente sviluppata l’alleanza con le F.S. divisione merci, per dare ulteriore impulso alle politiche degli scali merci e del trasporto combinato ed intermodale. Non siamo all’anno zero, siamo già presenti negli interporti e negli scali merci, dove prestiamo servizi anche complessi. Dovremmo partire da queste esperienze per consolidarci e per svilupparci.

Alleanze politiche

La cooperazione emiliano romagnola condivide l’impostazione nazionale di dotarsi (da parte di tutte le organizzazioni di rappresentanza) di un unico strumento di rappresentanza per cui sollecita l’ANCST e le Organizzazioni (Artigianato e Confindustria) a concretizzare il più velocemente possibile tale intendimento, ribadendo comunque il rispetto delle singole autonomie.

Nel territorio regionale vanno ricercati livelli più alti di alleanze strategiche con l’artigianato (in primis la FITA/CNA) e le altre Centrali cooperative, finalizzate ad elevare il ruolo e la funzione della cooperazione nell’autotrasporto e nella logistica.

Anche perché azioni positive e concertate nei confronti della pubblica amministrazione hanno dato i proficui risultati (già visti); tali azioni vanno consolidate (rispetto alle peculiarità delle Associazioni) nei confronti della Pubblica amministrazione, del mercato, dell’impresa privata e cooperativa, al fine di migliorare sempre più l’autotrasporto; elemento fondamentale di crescita e di competitività del sistema Paese..

 

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